In cammino nella notte

Il pellegrinaggio da Macerata a Loreto. In novantamila, lungo ventisette chilometri in preghiera. Tra canti e testimonianze. Per affidare tutto alla Vergine


«…Perché diventiamo degni delle promesse di Cristo». Si parte per questo. L’Angelus in piedi e zaini in spalla, stipati in chiesa. Poi tutti su, in quaranta pullman alla volta di Macerata. Per il pellegrinaggio alla Vergine di Loreto.
In viaggio, l’attesa dei ventisette chilometri che attraversano la notte ha sfumature diverse. C’è l’entusiasmo di chi li ha già vissuti, e non può dimenticare: «La Madonna mi ha sempre risposto», dice Raffaella mentre prende posto. Un sedile dopo l'altro, c’è l’apprensione di chi ha ben impressa la fatica e l’adrelina incosciente di chi è alla sua prima volta… Così si decide che Marta raccoglie le intenzioni di tutti. Se capita di non arrivare in fondo, sai che qualcuno le porta per te. E sei affidato prima ancora di iniziare.
Entrare allo stadio Helvia Recina mette i brividi. Novantamila persone sotto un cielo turbato. Qualche goccia piomba dall’alto, su chi è in fila per confessarsi e chi mangia nell’erba. «Questa moltitudine che siete mi conferma che Qualcosa di più grande c'è». Dal palco parla Rose Busingye, infermiera arrivata dall’Uganda per raccontare ai pellegrini di «una nuova vita» che le è entrata nelle viscere. E per dire che «c’è un punto di partenza: che Dio si è commosso verso di me che sono niente. Se mi fido, il gesto è di Dio verso di me. Se ci credo, è la strada per conoscere tutto». Dio e se stessi. È la strada «per godere ogni cosa».
Inizia la messa con il cardinale Carlo Caffarra. L'arcivescovo di Bologna ti mette in guardia dolcemente. Dice che per strada sentiremo male ai piedi, ma allora sapremo che è il cuore che guida. Capiterà che saremo stanchi, «come prima o poi accade nella sequela di Cristo». Ma allora ci ricorda quello che diceva sant’Agostino: «Tenti di camminare e ti dolgono i piedi, ti dolgono perché hai percorso duri sentieri. Ma il verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho piedi sani ma non riesco a vedere la via. Ebbene, Cristo ha illuminato anche i ciechi». Fissi il foglietto con il messaggio di don Julián Carrón: «Non permettiamo che Cristo resti soltanto una "parola" accanto alla nostra umanità». Dice di lasciarGli spazio durante il cammino. E tu non puoi che pensarci ad ogni passo lento dell’inizio, pigiati uno all’altro nel fiume fitto che riempie la strada fuori dallo stadio. Metro dopo metro, tra le case, il cammino prende respiro e si fa largo nella campagna. Si recita il Rosario.
Non c’è nulla di più paradigmatico della vita di un pellegrinaggio nella notte. Cantando. I momenti della vita ci sono tutti. La gratitudine di esserci. E di non essere soli. La fatica e la paura di non farcela. Non ci si riesce a immaginare da dove verranno le forze per arrivare. Poi c’è il vigore, che riprende all’improvviso e ti sembra tutto possibile. C’è il momento in cui vai soltanto perché vanno gli altri. Quello in cui chi ti è a fianco ti conforta, e quello in cui ti distrae, mentre cerchi di pregare. C’è il tratto in cui sei preoccupato solo di te. E quello in cui ti accorgi dell’amico e vorresti prendertelo in spalla. O quello in cui la testa si impunta su una banalità. Poi ti raggiunge un pensiero profondo, e la domanda sconfinata che senti addosso.
Intanto inizi a focalizzare le fitte sparse per il corpo. Gambe, spalle, caviglie... A ogni parte dolorante affidi uno dei volti che porti con te, nome e cognome. E la fitta fa meno male.
Si fa giorno. Te ne accorgi soltanto quando è già tutto chiaro. Il passaggio dal buio alla luce è imprendibile. Eppure è stato lento e ce l’avevi davanti.
Ti si affianca un signore anziano. Cammina tremolante, con i mocassini vecchi. Tutto storto come lo zaino che ha sulla schiena. Ma va, contento. Vorresti voler bene alla Madonna come lui. E pensi alle parole del Papa lette in pullman: «È grazie a pochi sconosciuti che il mondo vive».
Salite e discese. Quando sei in cima ti volti e non vedi la fine della folla in cammino, che sale piano verso la Casa. Dagli altoparlanti, si legge l'Atto di Consacrazione che chiude il pellegrinaggio: «Maria... consacriamo tutti noi stessi, tutte le gioie e le sofferenze che Tuo Figlio sceglie per noi e la nostra stessa vita... affinché Cristo doni a tutti gli uomini lo stesso gusto di vita nuova che ha donato a noi». Il gusto di una vita nuova, la promessa di Cristo dell'Angelus. Si arriva. E ci si mette in fila pazienti, davanti al Santuario. Perché non c’è niente di più corrispondente di poter andare ad affidare la vita. Sei a pezzi, ma il cuore è intero. Lo senti saldo, come tenuto fra due mani.