I dieci anni da "Mons. Giancarlo Vecerrica", ideatore e anima del Pellegrinaggio Macerata-Loreto

Venerdì 22 febbraio Mons. Giancarlo Vecerrica ha festeggiato il suo decennale di episcopato nella diocesi di Fabriano-Matelica con una solenne celebrazione presso la Cattedrale di Fabriano, alla presenza dei Vescovi di Macerata, Mons. Giuliodori, e di Camerino, Mons. Brugnaro, del Vescovo emerito Liberati e di una folta partecipazione di sacerdoti e fedeli. Nell’occasione il sindaco di Fabriano Sagramola ha donato al Vescovo Vecerrica una pergamena come attestato di “civica benemerenza”, manifestando la stima e l’affetto della Giunta comunale per il suo pastore.

Proponiamo di seguito l'omelia pronunciata da Mons. Vecerrica durante la celebrazione eucaristica.

 

10° Anniversario dell’Ordinazione Episcopale del Vescovo

Cattedrale, Venerdì 22 febbraio 2013


Vi presento i miei desideri:

Proprio perché sono stato fatto vescovo per voi, desideravo questa celebrazione del 10° anniversario della mia ordinazione episcopale, avvenuta qui in Cattedrale, sabato 22 febbraio 2003, per l’imposizione delle mani di Mons. Conti e dei card. Comastri e Romeo. Ed ecco che voi ci siete riusciti oltre misura, con la presenza dei vescovi: Mons. Francesco Brugnaro, arcivescovo di Camerino, Mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, l’arcivescovo emerito Mons. Carlo Liberati e l’arcivescovo Mons. Gualtiero Bassetti; di tutti i sacerdoti e i religiosi e di voi laici in grande presenza, con i sindaci e le autorità civili e militari, ed anche con i miei famigliari ed amici.

Un altro desiderio fiorito in questi giorni è di dedicare questa celebrazione al grande Papa Benedetto XVI, che ha stupito tutti con il suo atto di paternità, coraggio ed umiltà per il bene della Chiesa: quanto dovremmo imparare da lui! E mi commuove vivere questa mia piccola ricorrenza dentro i grandi avvenimenti della Chiesa in questo momento.

Un altro desiderio, che qui realizziamo, è quello di ricordare Mons. Giussani, salito in cielo proprio in questo giorno del 2005.

1. Ed ora le mie riflessioni: un sacerdote mi diceva “Mi pare che Lei è contento di essere vescovo con noi”. Ed è vero. Sono contento ed inquieto, di quella inquietudine che è al fondamento della fede. Papa Benedetto dice del vescovo: “L’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine di Dio verso l’uomo devono non dare pace al vescovo … che deve essere soprattutto un uomo di fede… In questo pellegrinaggio il vescovo deve precedere, deve essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l’amore”. Vorrei essere così come mi propone il Papa: la mia vera inquietudine è quella di poter essere discepolo vero di Cristo, cioè uomo di fede, come Gesù stesso mi indica nel Vangelo: “(Per questo) ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Le cose nuove stanno sempre all’inizio, sono frutto delle cose vecchie e germogliano dalla radice che è la fede.

2. Sono veramente fortunato di essere vescovo di questa diocesi, impastata di fede: tutta mariana, benedettina e francescana. Sono avvolto dal fascino di tanti santi, sono favorito nel vivere e portare avanti i due principi a me molto cari: il principio mariano e  il principio petrino. Questa diocesi è per me come una grande famiglia, con i sacerdoti che sono i miei veri amici e con i laici che sono sempre disponibili. Vi siete subito immessi nel cammino educativo e vocazionale, che costituisce il mio orientamento pastorale; vi siete lasciati accompagnare dal mio desiderio di far crescere, dentro una comunione viva, una fede sempre più cosciente ed appassionata: quante volte vi ho spronato all’entusiasmo della fede, che esplode nel cammino dell’Anno della Fede che stiamo portando avanti.

3. La mia vocazione è entrata nella vostra vocazione, che è l’amore a Gesù. Non ci interessa altro. Di fronte alle problematiche cerco di ricondurre tutto a Gesù, perché non c’è niente di più reale e ogni realtà da Lui riceve consistenza, così i “problematici” sono costretti a sentirsi a disagio o cambiare. Ciò che ci rende pastori è il rapporto con Gesù, per questo Gesù pone ai suoi discepoli nel Vangelo di oggi questa specifica domanda: “Ma voi, chi dite che io sia?” e Pietro risponde: “Tu sei Cristo, il figlio del Dio vivente”. Proprio dopo questo esame ben riuscito, Gesù fonda la Chiesa e dà a Pietro il titolo di Pastore. Oggi, Festa della Cattedra di San Pietro, siamo chiamati ad entrare nel vivo di questa realtà: la Cattedra di San Pietro è la Cattedra di Gesù. Che dono avere il Papa! Colui che ci dà la certezza su Gesù e perciò sulla Chiesa, guidata come garanzia da una persona viva, il Vescovo di Roma.

Il cuore del pastore è poter rispondere come Pietro, che riconosce la presenza di Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. È un’esperienza che sento: quando seguo Gesù compio cose impensabili, di cui non posso vantarmi, perché non sono mie, come, infatti, Gesù risponde a Pietro: “Beato sei tu.. perché te lo ha rivelato il Padre mio..”. A me è chiesta un’ opera sola, la fede, proprio ciò che Gesù ha chiesto a Pietro e agli Apostoli. Così la Cattedra del Vescovo è la Cattedra di Gesù, dell’amore di Gesù. Soffro quando Gesù è messo dietro la cattedra, cioè lontano. No, Gesù, vivo e risorto, è lì nella Cattedra di San Pietro a Roma, è qui nella Cattedra del Vescovo, è qui in mezzo a noi popolo di Dio oggi come 2000 anni fa. Soffro quando non riesco a trasmettere la Sua bellezza e la Sua presenza affascinante, quando vedo adulti che si allontanano o giovani che non sanno più chi è Gesù.

4. Questa fede bruciante ed appassionata genera la Chiesa, la comunità, la vita di comunione. Il mio motto episcopale - “Ut congregemur in unum” - è proprio questa sintesi tra fede e comunione, come diciamo nel canone secondo della Messa: “lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo”. Papa Benedetto XVI ci ha lasciato in questi giorni un severo monito contro “l’ipocrisia religiosa”, gli “individualismi”, le “rivalità” e le “divisioni” che deturpano il volto della Chiesa.  

Cari sacerdoti e fedeli, mi accorgo che avete sempre più compreso il mio stile comunionale, la decisione a valorizzare il positivo, la stima dell’altro contro ogni invidia o gelosia, e allora prendo come augurio per me e per voi questo pensiero di Sant’Ignazio d’Antiochia: “Perciò procurate di operare in perfetta armonia con il volere del vostro vescovo, come già fate. Infatti, il vostro venerabile collegio dei presbiteri, degno di Dio, è così armonicamente unito al vescovo, come le corde alla cetra”.

Concludendo e sintetizzando chiedo in particolare a me e a voi questo:

a) La crescita della fede nella comunione ecclesiale.

b) La crescita delle vocazioni: grazie a Dio abbiamo segni di fioritura di nuovi seminaristi e di vocazioni alla vita consacrata.

c) La crescita dell’amore al papa: preghiamo che lo Spirito ci doni un papa non secondo i nostri desideri ma secondo il disegno di Dio.

d) La continuità della consacrazione della Diocesi alla Madonna del Buon Gesù, svolta l’8 settembre 2010. Mi affido e vi affido a Lei, perché come scrive il Beato Rosmini: “al solo pensare a questa genitrice di Dio e nostra, l’animo si tranquilla e la mente si rasserena, a parlare si diffonde la letizia e a invocarla si reintegra il coraggio … Chi in lei confida non può perire”. 

A Lei affido tutti: i miei preti, spesso sfiniti dal lavoro pastorale; le famiglie, spesso logorate dai drammi quotidiani per la mancanza del lavoro e i giovani, che sono i veri poveri di oggi.

Madonna del Buon Gesù, liberaci da tutti i mali e donaci la gioia di essere tuoi figli, per sempre!

 

+ Giancarlo Vecerrica